TOGLIERE IL NUMERO CHIUSO? E PERCHE'?
Ora che le elezioni sono passate, e la ricreazione è finita, proviamo di nuovo a parlare di cose serie. Uno dei temi drammaticamente piu' attuali è la carenza di medici, tema che già tre anni fa avevamo sollevato alla Camera dei Deputati in un incontro organizzato da Laura Garavini, e al quale avevano partecipato anche altri colleghi (Giosia Di Saverio, Giuseppe Preziosi, Laura Surace, Maria Cristina Polidori e Luisa Mantovani).
E come sempre, a problemi complessi la politica vorrebbe dare risposte semplici. Ultima in ordine di tempo, togliere il numero chiuso alle Facoltà di Medicina per poter aver piu' medici. Diciamo che per chi della questione sa poco, questa soluzione sembra eccellente. Mancano medici? Si creino medici. Semplice. Chiaro. Efficace. Oppure no?
Ecco, oppure no. Perchè in realtà in Italia non mancano medici, ma mancano SPECIALISTI. Infatti, in Italia quasi tutte le attività proprie di un medico vengono precluse a chi non ha una specialità. Grossomodo, senza specialità si puo' solo lavorare come medico fiscale, guardia medica, guardia interna in alcuni piccoli ospedali, direttore sanitario in ambulatori. Tutti ambiti dove in realtà non c'è una vera carenza.
Dove davvero c'è e ci sarà sempre piu' carenza? Negli ospedali e negli ambulatori di medicina generale. Tutti posti dove, per lavorare, è necessario possedere una specializzazione o aver completato il corso di formazione in medicina generale.
E qui arriviamo al nocciolo della questione. In Italia vi è un imbuto formativo. Ovvero già oggi SI LAUREANO PIU' MEDICI DI QUELLI CHE POSSONO ACCEDERE A UNA SPECIALIZZAZIONE. Vi chiedo di guardare l'illustrazione allegata. Se il collo dell'imbuto resta identico, e se vi è un meccanismo che mantiene il flusso in uscita sempre uguale, non ha alcun impatto aumentare le dimensioni del serbatoio. Questo problema è stato sanato o meglio ridotto solo nell'ultimo anno (nel 2021 ci sono state finalmente piu' borse di studio che laureati: https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp...). Purtroppo pero', addentrandosi nel problema, scopriamo che le cose non sono - tanto per cambiare - cosi' semplici. Prima di tutto, perchè in realtà questo aumento è servito piu' o meno a compensare le carenze degli anni precedenti. E in secondo luogo, perchè il numero di borse di studio offerte non è equamente suddiviso nelle varie specialità in modo da riflettere il reale fabbisogno degli anni a venire.
Piccolo esempio: si sa benissimo che mancano pediatri e ginecologi. E che una volta specializzati in chirurgia generale, trovare un posto di lavoro come chirurgo sia relativamente complicato. E allora perchè non aumentare molto piu' le borse nelle specialità carenti anzichè in quelle dove poi uno specialista non troverà lavoro in Italia?
E qui veniamo a una questione ancora piu' complessa: la Commissione Europea stima che ogni anno circa 1000 medici lascino l’Italia diretti verso altri Paesi europei (per non parlare di quelli che ogni anno si trasferiscono in Paesi extra-europei, come Canada e Stati Uniti). I dati del Rapporto sul sistema sanitario italiano 2017, elaborati da Eurispes alla luce di quanto fornito dalla Commissione Europea sulle migrazioni dei professionisti in ambito medico, parlano chiaro: in 10 anni - dal 2005 al 2015 - sono espatriati dall’Italia oltre 10mila medici, per l’esattezza 10.104
Anche durante la recente fase emergenziale dovuta alla pandemia da Covid-19 è emersa in maniera preponderante la drammatica carenza di medici specialisti che coinvolge l'Italia intera. A conferma di ciò, nel decreto legge 9 marzo 2020, n. 14, si è ritenuta indispensabile l'introduzione di misure straordinarie per l‘assunzione di specializzandi iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, nonostante essi non fossero ancora collocati nelle graduatorie.
Nel frattempo, per potersi specializzare, o per poter lavorare con contratti degni di questo nome da specialisti, i giovani medici formatisi in Italia sono stati spesso costretti ad emigrare. Ed una volta qualificatisi all‘estero, il rischio che rimangano definitivamente fuori dal nostro Paese è molto elevato.
Di fatto, vi è una forte sproporzione tra i medici che lasciano l’Italia (che non sarebbe di per sè un problema) e il numero di medici che ha interesse a lavorare in Italia (e qui invece il problema è enorme). Nel solo Regno Unito, interessato tra l’altro dalle conseguenze della "Brexit", si stima lavorino circa 3mila medici specialisti italiani. Un vero patrimonio, in termini di capitale umano, di cui il paese potrebbe approfittare, se fossero messe in atto politiche volte a favorire la mobilità in entrata di medici e professionisti.
E come si puo' fare a superare questo problema? Agendo su vari fronti: 1) riformare la scuola di specialità, in modo che lo specializzando non sia piu' studente ma MEDICO. Similmente a quanto avviene ad esempio in Svizzera o in Germania, lo specializzando è un medico a tutti gli effetti ed è autonomo, sia pur sotto supervisione, nel suo lavoro. Una riforma dovrebbe prevedere una centralità dell'ospedale rispetto alle università (non me ne vogliano i colleghi, ma l'Università è deputata alla RICERCA, e non tutti gli specializzandi devono essere interessati a fare ricerca). E soprattutto, dovrebbe permettere a chi, magari dall'estero desidera trascorrere un periodo di qualche anno in Italia, di poter validare gli anni trascorsi in Italia come periodo formativo, riconosciuto per l'ottenimento della specialità nel loro Paese.
2) Sempre riguardo alla specializzazione, è assurdo che per ottenere due specialità magari molto simili (o comunque con molte materie in comune) sia necessario ripetere DA CAPO il periodo formativo. Un medico specialista in medicina interna sarà ovviamente ben piu' avanti nella preparazione di un neolaureato nel caso voglia specializzarsi in cardiologia, ad esempio. Anche qui, questo è la norma in Svizzera e Germania, ad esempio.
3) I criteri di reclutamento dei medici dovrebbero cambiare ed essere attrattivi per chi ha lavorato all'estero. I periodi di svolgimento di studio e specializzazione all'estero dovrebbero ad esempio contribuire alla valutazione complessiva del profilo del candidato (e no, non avviene sempre). E i concorsi pubblici, piu' volte finiti nelle cronache per irregolarità? (https://www.today.it/.../concorsi-truccati-ospedale...).
4) Occorre meritocrazia a tutti i livelli, affinchè l'Italia venga percepita come un Paese nel quale si puo' far carriera. Questo permetterebbe il rientro dei medici emigrati in passato. Perchè giova ricordarlo, i medici emigrati sono medici per cui l'Italia ha pagato la formazione ma che sono a disposizione di un altro Paese. I casi del passato, come quello triste di Luana Ricca, non depongono a favore di chi vuole rientrare (https://www.ilmessaggero.it/.../donna_chirurgo_suicida...)
In definitiva, per punti: - Aumentare il numero di iscritti a medicina non comporta in automatico un aumento del numero di specialisti. Per strada vengono persi studenti che si ritirano, medici che non trovano la possibilità di entrare in scuola di specialità, medici specialisti che non vengono adeguatamente valorizzati. In compenso, di sicuro aumentano i costi per la collettività (perchè formare un medico costa) - Per aumentare il numero di specialisti il modo piu' semplice è attrarre quelli esistenti o assumere medici autonomi. Quindi: 1) rendere gli specializzandi medici a tutti gli effetti, autonomi anche se sotto supervisione, esattamente come avviene in Svizzera o Germania (posti dove la qualità dell'assistenza non mi pare sia in discussione) 2) attrarre specialisti validi dall'estero, rendendo appetibile la loro carriera in Italia. 3) attirare magari provvisoriamente specializzandi o specialisti dall'estero, i quali vedranno riconosciuto il periodo effettuato in Italia nei rispettivi Paesi 4) rendere meno attrattivo emigrare per i medici in servizio, migliorando le condizioni di lavoro e permettendo di effettuare una formazione post-specialità.
Tutto il resto è demagogia spicciola e semplificazione all'osso di un problema molto complesso. Non so se già ora sia troppo tardi, di certo se non si cerca nemmeno di invertire la rotta il destino è segnato. E non sarà un bel destino.

